Agli Oscar 2018 ha vinto la favola. “La forma dell’acqua”, favorito della vigilia, ha rispettato le attese, tornando a casa con 4 statuette, fra cui le due più pesanti: miglior film e migliore regia al messicano Guillermo Del Toro. Premiate inoltre le scenografie e la colonna sonora.
L’Academy interrompe l’uso di lanciare, attribuendo i suoi premi,diretti messaggi politici o sociali e, al diretto concorrente “Tre manifesti a Ebbing, Missouri”, potente metafora di una certa America, preferisce una romantica e fantastica storia d’amore.
Nulla da dire, però: “La forma dell’acqua” è, nel suo genere, un film perfetto. Una storia avvincente e che scalda il cuore, dove poesia e sentimento, fantasia e puro intrattenimento sono nelle giuste dosi. Scene memorabili, in particolare quelle dove l’acqua, ovunque protagonista, invade lo schermo. Attori strepitosi: sopra tutti la deliziosa Sally Hawkins, ma anche lo strabordante villain Michael Shannon e la personalità di Octavia Spencer. Il tutto allestito con valori tecnici di eccellenza: la suggestiva fotografia, satura e incentrata sulle tonalità del verde; la scenografia che, con attenzione ai dettagli, ricostruisce un mondo fiabesco ma verosimile; le avvolgenti melodie di Alexandre Desplat.
Elisa, una donna delle pulizie muta e bruttina, nasconde dietro alla timidezza e al silenzio un animo sensibile e passioni vive. Nel mezzo della Guerra Fredda lavora in un misterioso laboratorio governativo, dove un giorno giunge una misteriosa creatura acquatica, metà uomo e metà anfibio. Elisa è la sola a non vederla come un mostro, ma un essere sensibile con cui comunicare. Lo nutre, gli fa ascoltare musica, se ne innamora. Quando capisce che il perfido colonnello Strickland ne vuol fare una cavia da esperimenti per ingraziarsi i suoi superiori, con l’aiuto di una spia russa ne architetta la fuga. Durante la convivenza quest’amore così improbabile esploderà e la creatura rivelerà miracolosi poteri. Fino al finale drammatico, ma inevitabilmente lieto.
Storia romantica, fantasy, thriller: “La forma dell’acqua” è tutto questo. Richiama “Il mostro della laguna nera”, commemora i musical americani degli Anni ’50, strizza l’occhio ad Amelie, cita il mito di Ofelia (“colei che assiste”). Una storia facile, per tutti. Ma, come tutte le grandi opere e come le fiabe,con altri piani di lettura. È la società a definire chi è il mostro, ma la vera mostruosità è nell’uomo dall’apparenza sociale perfetta. Sono invece gli esclusi, a possedere il dono salvifico, l’amore che cura: i personaggi positivi sono, non a caso una disabile, una donna di colore, un gay. Il tutto scritto da un regista proveniente da una terra, il Messico, che qualcuno, separandola,vuole dichiarare straniera. Sì: pur premiando una favola, forse anche stavolta l’Academy ha voluto dirci qualcosa.

Ecco la pagina di QUI NEWS nell’uscita del 15 marzo 2018

 

Condividi!

Condividi quest'articolo dove vuoi.