– Sono circa le tre del mattino. Qualcuno sta suonando il clacson ma non riesco a vedere niente, le luci dei fari sono troppo forti. Mi domando poi chi suona il clacson a quest’ora della notte! Via Nomentana è lunga. Non ricordo più dove sto andando. Chisseneimporta, ho trent’anni e l’estate sta per iniziare, proprio come la mia carriera di cantante. Certo, a volte ho la sensazione che sia tutto troppo. Le donne, la solitudine. Ma probabilmente va bene così. Quando ho iniziato a scrivere e cantare non avrei mai pensato di poter avere successo. Quello che funzionava negli  anni 70 era solo il cantautorato impegnato, lo schierarsi politicamente, la rivoluzione! Eppure a qualcuno interessava anche quello che volevo dire io, che non era certo meno impegnato, meno interessante.

Avevo solo i miei tempi, i miei modi. Spero che tutto questo prendersi sul serio finirà adesso che iniziano gli anni ottanta! Per esempio quando ho scritto “Nuntereggae più” molti se la presero ma ci furono molti altri a cui piacque quello che feci. L’apice però è stato quando cantai “Gianna” a
Sanremo: la gente canticchiava il ritornello per strada e chi aveva quel nome era destinata a sentirsela ogni volta. Fu lì che forse ho capito di aver avuto successo. A me comunque non importava, è stato un dazio da pagare. Quando invece ho deciso di far prendere aria ai miei abiti da giullare e ho voluto scrivere dei testi seri, la gente è rimasta spiazzata. Forse per le persone è più facile ridere sentendo che mio fratello è figlio unico piuttosto che pensare a tutta la  solitudine che c’è dietro.

Non c’era spazio per le malinconie? Una volta l’ho voluto anche scrivere, sì, senza mezzi termini: “A te che ascolti il mio disco forse sorridendo, giuro che la stessa rabbia sto vivendo”. Saranno arrivate a qualcuno le mie idee, le mie paure? Forse tutto questo non importa più, adesso che i fari davanti si fanno sempre più accecanti. Mi chiamo Rino Gaetano e sono un cantante.

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