di SIMONE IPPOLITI / MONTEROTONDO – Tornare a casa col sorriso per riabbracciare la sua Gaia, è quello che Giampaolo Matrone prova a fare tutti i giorni. Dedicare più tempo possibile a sua figlia, rimasta senza una mamma dopo la tragedia dell’Hotel Rigopiano. A distanza di due anni da quel maledetto giorno dove perse la vita sua moglie Valentina, Giampaolo ai nostri microfoni si racconta con parole miste di paura e speranza: “Tutte le mattine faccio fisioterapia per il braccio destro e la gamba sinistra. Non posso più lavorare e la pasticceria di Monterotondo, l’ho affidata ad altre due persone. Non è facile, ma non mi sono mai pianto addosso. Il pomeriggio lo dedico a Gaia che ora ha 7 anni. Prima di Natale – racconta Giampaolo – ha scritto una letterina a Babbo Natale, non solo per chiedere qualche giocattolo, ma per far arrivare un messaggio alla sua mamma ‘Sei la stella più luminosa che c’è in tutto il cielo…’.”

Ventinove vittime, ventiquattro indagati. Al momento però, nessun colpevole. La Procura di Pescara ha dato il via agli interrogatori delle parti coinvolte. Il timore, non solo di Giampaolo, ma anche del Comitato delle vittime, è quello che tutto possa esaurirsi in una grossa bolla di sapone: “Sto leggendo le varie testimonianze. Nessuno ha colpa… ma allora chi è che ha sbagliato? Vogliamo prendercela con Dio, oppure con la montagna? Ognuno ha il diritto di difendersi, ma non è nemmeno possibile che vengano inquinate le prove” (Matrone allude alle indagini che riguardano l’ormai ex Prefetto Provolo e altre sei persone sulla sparizione di alcune telefonate con richiesta d’aiuto che sarebbero giunte alla sala operativa della prefettura il 18 gennaio 2017, e in particolare quelle del cameriere Gabriele D’Angelo che avrebbe chiamato segnalando la gravità della situazione, prima di essere lui stesso travolto dalla valanga che lo ha ucciso).

“Quella di Rigopiano è una tragedia che si poteva evitare – aggiunge Giampaolo – Sappiamo con certezza che era possibile un soccorso aereo, ma nonostante le richieste, nessuno è venuto a prenderci. Ci hanno scortato verso la morte. Questo non è omicidio colposo, ma volontario”. Due anni duri per chi come Giampaolo ha vissuto quell’incubo, rimanendo per più di 60 ore sotto le macerie. Un tormento che spesso torna a fargli visita, più forte degli altri giorni, specialmente quando il dolore si scontra con la burocrazia e la paura di non avere giustizia per lui e per Valentina, si fa sempre più concreta: “Questa è una guerra che non si combatte ad armi pari. Siamo sommersi dalle spese per affrontare il processo. Solo per chiedere una perizia su un riscontro telefonico, servono anche 10.000 euro. Per questo – prosegue – abbiamo incontrato il Ministro Salvini e chiesto l’attuazione della Legge Viareggio anche per Rigopiano, che prevede un fondo per sostenere le spese e  garantire un sussidio economico alle famiglie coinvolte. Non dimentichiamo che in questa tragedia, ci sono figli che non  hanno più i genitori. Chi se ne è occupato in questi ultimi due anni? Navighiamo a vista, senza la certezza di giustizia. Mi auguro che tra un anno non staremo qui a parlare del nulla. Non vogliamo che tutto finisca in prescrizione”.
Quello che invece è vivo più che mai, è l’amore per Gaia, ormai consapevole di quello che è accaduto: “Lei è forte, sta bene – racconta Giampaolo -. È naturale che la mamma le manchi, come l’acqua a un bambino che non beve da due giorni. Io vivo per lei e lei per me, siamo una coppia affiatata. Pensiamo a Valentina ogni giorno, ma ormai abbiamo razionalizzato che non tornerà più. Da oggi mia figlia deve ridere, basta lacrime, ne ha versate fin troppe. Anche se il dolore per l’assenza di Valentina è più forte dello scorso anno, abbiamo imparato a gestirlo. Ora c’è il bisogno di andare avanti, per me e per lei. Ho 35 anni, ho avuto la fortuna di non morire a Rigopiano. Voglio tornare a vivere”.

ECCO LA PAGINA DI QUI NEWS NELL’EDIZIONE DEL 17 GENNAIO 2019

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