di GABRIELLA TORRE/POGGIO MIRTETO – Superato l’arco in fondo alla piazza di Poggio Mirteto, accade una magia: il tempo torna indietro e, nei viottoli e nelle case di pietra, ritroviamo l’eco di un mondo che non c’è più, fatto di cavalieri in armatura e fanciulle da salvare. È un incantesimo tipico di molti paesi sabini; un periodo medievale che ha definito la morfologia e l’architettura ma, soprattutto, infuso l’atmosfera ideale per trasformare fatti storici in miti o leggende da raccontare davanti al camino d’inverno. Per Poggio Mirteto, la leggenda che si è tramandata narra la storia di Fiorana.

Siamo nel XII secolo e il Conte di S. Cosimo regna sul paese che, per numero di abitanti e per forza bellica, rappresentava la prima difesa della zona contro gli attacchi dei Saraceni. Il conte aveva, a quanto dice la leggenda, due bellissimi figli: Orlando, forte e prode in battaglia e Fiorana. La sua bellezza era pari solo alla sua grazia e alla sua gentilezza, ma la giovane aveva ricevuto anche un’educazione alle armi dimostrando la stessa capacità del fratello nel combattimento. Un giorno, venne fermata da una zingara che le volle leggere la mano. Il suo unico amore l’attendeva su una strada coperta di alloro e petali di rosa, ma subito lo sguardo della vecchia si fece cupo: nel suo futuro vi erano baci e lacrime, sangue e morte. Quella stessa notte la fanciulla sentì una melodia meravigliosa salire lungo le pareti del castello. Non riuscì a capire chi fosse quel cavaliere che cantava, ma sapeva che si trattava dell’uomo predetto. Il giorno dopo, alcuni esploratori rientrarono al castello con gravi notizie: al fiume di Farfa erano accampati i Saraceni, pronti ad attaccare Poggio Mirteto. Il conte diede ordine all’esercito di prepararsi e Fiorana partì alla testa dei soldati diretta verso i Saraceni. Poco dopo, la battaglia infuriava e al centro della mischia si potevano scorgere i due capitani intenti a combattere: Fiorana nella sua armatura con l’elmo d’argento in sella al suo cavallo nero e il capitano saraceno ricoperto d’acciaio. Preoccupato per la sorte della sorella, il fratello Orlando la chiamò per nome e fu in quel momento che il capitano si fermò d’improvviso. Fiorana affondò la spada nel petto del nemico che stramazzò al suolo pronunciando il nome della fanciulla. Scesa da cavallo, corse a scoprire il volto del capitano saraceno mentre una folata di vento fece piovere petali di rose.

La triste predizione della zingara si era avverata. Fiorana attese per notti e notti che il dolce canto tornasse a salire dalle mura del castello, ma ormai era tardi. Disperata e impazzita dalla perdita del suo amore, la giovane decise di togliersi la vita gettandosi dalla torre. C’è chi ancora, dopo secoli, afferma di vedere qualcuno vestito di bianco muoversi vicino all’orologio… che sia ancora la povera Fiorana che aspetta il canto del suo unico amore?

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