di SIMONE IPPOLITI

FARA SABINA – Il telefono di casa Spuri squillava spesso, dall’altra parte della cornetta c’era Andrea Milardi, simbolo dell’atletica leggera reatina. Patrizia era una bambina, faceva danza e mai avrebbe pensato di togliersi quelle scarpette con la punta dura, per indossarne altre, più comode per correre fino alle Olimpiadi.

Incontrarlo è stata la mia fortuna – racconta a Qui News Patrizia Spuri – spesso veniva anche a casa ripetendomi che dovevo fare atletica. Un giorno organizzò una campestre a livello regionale nei pratoni vicino Passo Corese. Mi vide e riconobbe in me una dote innata. Ero fatta per correre e da quel giorno la mia vita cambiò.

Valigia pronta con direzione Rieti. La voglia di crescere e affermarsiPurtroppo a Passo Corese non c’era un campo di allenamento e tra la seconda e la terza media decisi di frequentare le scuole a Rieti. Era una scelta di necessità. Lì c’erano dei veri e propri convitti in associazione con le scuole e dopo lo studio, nel pomeriggio, avevamo la possibilità di allenarci. Inizialmente – racconta Patrizia – correvo su varie distanze dai 400 mt ai 600 mt e facevo anche le campestri. Nel corso del tempo poi, ho capito che il massimo lo davo nei 400 mt che divennero la mia specialità.

È il 7 novembre del 1994, una data importante per PatriziaNella CARIRI (ora società di atletica studentesca intitolata proprio a Andrea Milardi) mi sono trovata bene, ma per cercare di fare qualcosa in più, bisogna entrare a far parte delle società militari. A 20 anni – racconta Patrizia – ho avuto questa possibilità con il Gruppo Sportivo Forestale sotto la guida di Roberto Bonomi e da quel momento sono arrivati anche i primi risultati sportivi.

Le Olimpiadi diventano realtà. Orologio al polso e pannello luminoso che inchioda il cronometro sul 51’’99Sono stata la prima donna a scendere sotto il muro dei 52 secondi nei 400 metri. Feci quel tempo in una gara di Coppa Europa, ad una settimana dalla scadenza per poter partecipare alle Olimpiadi. Riuscii a fare quel “minimo” che mi permise di entrare a far parte della spedizione azzurra ad Atlanta. Quando racconto di quell’esperienza – continua Patrizia – mi tremano un po’ le gambe. Ero giovanissima, avevo solamente 23 anni, ma fu qualcosa di bellissimo. Anche il 1998 fu un anno importante. Fui la prima donna ad entrare in finale ad un Europeo (a Budapest ndr) nei 400 metri, grazie al tempo di 51’’79. L’atletica mi ha dato tutto, un lavoro, la famiglia, mi ha formata come persona.

Il ritiro dal mondo dell’atletica e il ricordo di Passo CoreseFabrizio rimase a bocca aperta quando gli dissi che volevo smettere. Da quel giorno non ho più indossato un paio di scarpe da corsa. Era il 2009, era il momento giusto. Dall’atletica avevo avuto il massimo, avevamo già Greta di quattro anni e non potevamo più vivere entrambi con la valigia sempre in mano. Non ho nessun rimpianto, sono felice. Ora abito vicino Ostia e abbiamo un’altra bambina che si chiama Viola, ma quasi tutti i fine settimana torno a Passo Corese. Conosco tante persone, ci vengo volentieri, sono andata via, ma metà della mia vita è lì…

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