di ELEONORA FESTUCCIA/FIANO ROMANO – Correva l’anno 1949, per essere più esatti era il primo luglio; Mara arrivava a Fiano Romano in quella che probabilmente doveva essere una calda giornata d’estate. Lasciava la sua Cortona dopo aver vinto il concorso per il posto di ostetrica condotta e, come nel più romantico dei film, ad accoglierla c’era Oreste: impiegato comunale incaricato di darle il benvenuto che meno di un anno dopo sarebbe diventato suo marito. All’epoca, quella giovane donna non aveva ancora compiuto 22 anni; eppure doveva avere le idee ben chiare: aveva mostrato da subito i segni di un’indipendenza che esprimeva anche nei modi di vestire o esprimersi.

<<Portavo i pantaloni>>, fumavo sigarette e giravo in sella alla mia moto – Così aveva raccontato qualche anno più tardi, lasciando immaginare che non passasse esattamente inosservata nella realtà di un paese che si affacciava timidamente agli anni ’50. Si fatica ad immaginare Fiano come era allora: non c’erano macchine, gli asini erano i mezzi di trasporto più utilizzati ed erano tante le difficoltà per raggiungere le abitazioni delle partorienti. I bambini si sa, quando devono nascere non aspettano niente e nessuno; Mara questo lo aveva certamente imparato sulla propria pelle. Una volta nel bel mezzo di un diluvio – racconta il figlio Fabio – fu costretta ad attraversare le correnti di un fosso impazzito, presa in braccio dal nonno del nascituro che l’aiutò nella traversata. Ma anche negli anni seguenti gli “imprevisti” potevano essere all’ordine del giorno. Era il 1993 quando Mara dovette procedere con un parto d’urgenza nella sua abitazione. Ero lì e arrivò questa signora spaventata, con il piede della bimba penzoloni; era podalica e aveva fretta di venire al mondo. Mamma gestì quel parto con grande esperienza e io – ricorda Fabio – in quel caso feci anche da assistente. Veniva così alla luce Marzia, ultima fianese nata in casa tra le braccia di Mara.

Ma se non si facevano più i parti in casa, il suo lavoro continuava comunque nelle cliniche e negli ospedali. Mara era entrata nelle case di tanti fianesi, per lo più nei momenti gioiosi delle loro vite; ma non si è mai tirata indietro anche quando si è trattato di affiancare con forza chi soffriva o chi aveva semplicemente un problema. Si dedicava alle persone che le chiedevano una mano, le accompagnava in ospedale, rompeva le scatole ai medici, interveniva anche con una bella faccia tosta, senza peli sulla lingua; se pensava male di qualcuno o del suo operato non lo mandava certo a dire… ci faceva fare certe figure…! Non era esattamente una <<persona tranquilla>> ironizza Fabio ricordando la verve della madre. <<Quello che aveva nel cuore, aveva in bocca>>. Poteva sembrare burbera nella sua sincerità, ma i suoi erano consigli schietti ed i gesti erano quelli di chi non si risparmiava davanti a niente. Se stavi male, o avevi un problema era lei il punto di riferimento su cui contare – racconta Raffaella, protagonista dell’ultimo parto che Mara ha voluto assistere con tutte le sue forze. Sapeva di essere malata, ma ha aspettato per l’operazione, perché voleva far nascere Carlotta. Ci univa un legame molto forte, per me era una seconda mamma e mi ha assistito in entrambi i parti. Era eccezionale nel suo lavoro, nella professionalità, ma anche nei gesti e nelle parole di conforto. Capiva subito come ti sentivi e immediatamente se c’era qualcosa che non andava ti chiedeva cosa avessi. Quando è arrivata Carlotta, il 7 giugno 2008, lei sapeva bene che quello sarebbe stato il suo ultimo parto e fu speciale: appena nata la prese e la mise sul mio petto, ci strinse in un abbraccio a cui si unì anche mio marito <<è nata un’altra piccola stella>> sussurrò mentre ci stringeva forte, con un calore che mai dimenticherò. Carlotta non può ricordare quelle mani che l’hanno sostenuta per la prima volta, ma per lei sono comunque quelle di “nonna Mara” e, sapere di essere stata l’ultima nata tra le sue braccia, la riempie di orgoglio.

L’ostetrica che aveva fatto nascere un paese intero se ne andò esattamente 5 mesi dopo, il 7 novembre 2008, e come aveva preannunciato qualche tempo prima proprio a Raffaella, lavorò fino a quando le forze glielo permisero. Il mio lavoro è tutto, io non smetterò di lavorare finché avrò vita e respiro – così le aveva detto. Un mestiere pieno di gioie e momenti da incorniciare, ma che poteva talvolta essere duro se sorgevano complicazioni. Raffaella racconta che Mara prendeva a cuore ogni situazione e quando si trattava di faccende critiche, non smetteva di essere vicina a chi soffriva, di sentirsi partecipe anche nel dolore. Un’empatia indispensabile nel suo mestiere, anche lei aveva vissuto il dramma di un aborto e di un parto troppo prematuro che non aveva lasciato scampo, sapeva bene cosa volesse dire.

Una vita dedicata al lavoro e alla famiglia, una vita da donna forte. Perché così doveva essere Mara: rimasta vedova troppo giovane di quel grande amore che sembrava non dover finire mai, quando i figli Daniela e Fabio erano piccoli. Così si divideva tra i suoi bambini e il lavoro; Fabio aveva appena due anni quando il papà venne a mancare, lei ri
usciva ad organizzarsi, seppur con un bimbo così piccolo a cui badare. Ovviamente certe volte doveva andare via anche di notte, per questo programmava tutto e mi lasciava con una tata che si prendesse cura di me in sua assenza – ricorda il figlio. Tante le memorie che si sovrappongono quando si parla di Mara; sinonimo di vita e storia per tutti i fianesi: oltre 5000 quelli che dal 1949 al 2008 sono nati grazie al suo supporto. Se sei di Fiano puoi star certo che almeno uno dei tuoi parenti sia venuto al mondo aggrappandosi alle sue braccia. Una donna in sella alla sua Isomoto, forte e indipendente, senza peli sulla lingua, ma in grado di fare con passione il mestiere più dolce del mondo. Una donna che forse ha dovuto assorbire il peso di alcune fragilità; per essere sempre in prima linea, senza paura e con il sorriso sulle labbra, che come molte delle nostre nonne ha vissuto una vita intensa, ma dura. Una donna che ha coltivato le sue passioni, svincolandosi da etichette e classificazioni sterili che lasciano il tempo che trovano davanti alla realtà dei fatti. La passione per il suo lavoro, quella per la Roma, per la famiglia e per la gente di Fiano, che in quel lontano giorno di luglio del 1949, l’ha vista arrivare con indosso i pantaloni.

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