La mattina del 7 aprile ho sentito sparare, avevo tanta paura. Sono uscito fuori casa e ho visto che veniva gente armata con i fucili. Ero terrorizzato, sono rientrato e  mi sono messo vicino alla mamma. Lei era insieme al nonno e a mia sorella più piccola, stava facendo il caffè. Ad un certo punto ho sentito mia madre che urlava a nonno “ESCI! ESCI! VATTE A BUSCA’, ESCI PERCHE’ STANNO ARRIVANDO” lui sai cosa ha risposto!? “A me che so’ vecchio non me dicono niente”. Ma aveva solo 65 anni, non era vecchio, mi commuovo se ci penso. Sono entrati due dentro casa,  portavano i fucili con i bossoli attaccati alla schiena, si sono fatti un giro, sono andata in camera di nonno. Bussavano. Avevo tanta paura, mamma piangeva e dopo che lo hanno portato via mi ha detto di scappare, che sennò ci avrebbero ammazzato.

 

Dino racconta l’episodio con un inconfondibile dialetto sabino e già dal suono di quelle parole è possibile sentirsi vicini a lui, in uno slancio di affetto e di empatia; comprendendo che racconti simili potrebbero appartenere ai nostri nonni, che la guerra in fondo non è poi così lontana e sbiadita. È un ricordo ancora vivo nelle menti degli anziani. Forse spesso non abbiamo avuto il tempo o la pazienza di ascoltare, oppure altre volte per loro è stato troppo difficile e doloroso raccontare. Ma la tenerezza e la commozione sul volto di Dino, mentre ricorda di quando i tedeschi hanno portato via suo nonno, riportano indietro nel tempo; a quell’aprile del 1944 quando lui aveva solo 7 anni. E la guerra, ascoltandolo, sembra una paura così intima e reale che quasi ci appartiene, perché appartiene alla memoria di Dino e, grazie al suo racconto, anche alla nostra.

 

Testimonianze di uomini e donne che hanno vissuto quegli anni nelle nostre terre sono state raccolte nel documentario I luoghi della guerra, scritto e diretto da Maria Teresa De Carolis e realizzato con il contributo della Regione Lazio, nell’ambito del progetto Storie e microstorie in bassa sabina nel periodo delle guerre mondiali.

La stessa autrice racconta quanto sia stato difficile raccogliere il materiale e organizzare il lavoro nella consapevolezza di avere tra le mani qualcosa di prezioso e delicato, che si sarebbe perso nel tempo se non si fosse impresso su pellicola.

Il risultato è qualcosa di grande, non uno sterile elenco dei fatti storici, ma un abito cucito addosso ai personaggi narranti nel rispetto di una tradizione orale che non possiamo e non dobbiamo permetterci di perdere. La scelta infatti è stata quella di partire dai racconti per poi costruire a ritroso la struttura del lavoro diviso in capitoli, tenendo conto dei temi ricorrenti nelle testimonianze dei protagonisti. La guerra come ce la racconterebbero i nostri nonni: questo è quello che ne esce fuori.

 

Eravamo ragazzi, ma che ne sapevamo noi della guerra?!  – racconta Giuseppe – Ci hanno portato sul fronte e ci hanno detto di combattere.

E poi c’è Marianna che racconta l’eccitazione per qualcosa di nuovo che ancora non si sa cosa riserverà, la voglia e il diritto di essere bambini, nonostante tutto. Il duce annunciava la guerra da Piazza Venezia. Allora sono andata a casa tutta contenta “A’ MA’! E’ INIZIATA LA GUERRA! HANNO MESSO LA RADIO DI FUORI, STANNO TUTTI A SENTIRE” e lei “MA CHE DICI??!” Mamma si è messa a piangere “Perché tu non sai che vuol dire la guerra”.

Nel documentario le esperienze dei singoli, allora bambini e ragazzi, si intrecciano con la storia di guerra sui nostri territori: la battaglia del Monte Tancia del 7 aprile del ’44, la resistenza partigiana, la storia del bunker del monte Soratte e di cosa avesse rappresentato per le popolazioni locali. Fatti storici si mischiano con le esperienze dei testimoni; a ricordare che i veri tasselli nel puzzle della storia siamo noi, i nostri nonni, i nostri genitori.

 

Da qui è necessario partire perché la memoria si traduca in una reale empatia verso i nostri cari, ma anche nei confronti di chi la guerra la vive oggi. Il ricordo che si radica profondamente nelle coscienze ha il potere di annullare ogni relativismo spazio – temporale. Il documentario di Maria Teresa De Carolis verrà proiettato nelle scuole con l’augurio che in tanti possano vederlo per poi averne MEMORIA.

Da qualche parte nel mondo in questo momento c’è un’altra terra martoriata come lo è stata la nostra. Un altro Dino che scappa con la mamma per paura di essere ammazzato.

Eleonora Festuccia

Eleonora Festuccia

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