POGGIO MIRTETO – C’è una macchina nera con altoparlante che gira per le strade di Poggio Mirteto. L’italiano, a causa del forte accento tedesco, è incerto ma il concetto si capisce benissimo: i tedeschi stanno lasciando il paese e non potendo portare con sé tutto, lasciano alla popolazione alcune scorte dei loro magazzini. È il 10 giugno del 1944: il generale americano Clark con la sua armata, dopo aver sfondato finalmente la linea difensiva di Cassino, è entrato a Roma il 6 giugno e per l’esercito tedesco è giunto il momento di ritirarsi. Lo fanno ovunque a nord della capitale e Poggio Mirteto, fino a quel momento sotto il loro controllo, deve essere abbandonata.

L’esercito tedesco è un animale in fuga che, lento e appesantito da mezzi e uomini si ritira. Ma come ci ha più volte insegnato la Storia, quando fugge, l’esercito tedesco, non lo fa in silenzio. Le parole annunciate dall’altoparlante sono quasi un miracolo per la gente di Poggio Mirteto, fiaccata dalla fame, dalla guerra e dal dolore dell’oppressione tedesca: dentro ai magazzini (situati dove adesso c’è l’asilo nido comunale) ci sono cibo, vestiti, scatolette, coperte e scarpe. In pochi minuti la piazza centrale e le  vie del paese vengono invase da parecchie decine di persone che come formiche impazzite vanno e vengono dal magazzino tedesco. Persone indifese, innocenti che non sanno niente. Non sanno che i tedeschi non sono andati via ma sono sul colle Pulcino (proprio sopra il capolinea COTRAL) e li osservano dall’alto come aquile pronte all’attacco. Non sanno che i loro artigli sono cannoni pronti a fare fuoco sul paese. Non sanno che il loro invito era una trappola. L’intero paese viene preso come bersaglio da palle di cannone che, una volta sparate, atterrando esplodono liberando a 360° piccoli pallini di piombo.

Le testimonianze di chi era quel giorno a Poggio Mirteto descrivono tutta l’atrocità di un gesto che non ha niente a che fare con la guerra e che neanche lontanamente può rientrare in una qualche strategia bellica: con la battaglia del Monte Tancia e l’eccidio delle Fosse Reatine (6 e 9 aprile 1944) il fenomeno partigiano a Poggio Mirteto e dintorni era stato debellato militarmente all’interno dell’operazione tedesca Osterai condotta nell’area tra Rieti, Terni e Roma. Resta quindi inspiegabile il gesto tedesco (per anni falsamente attribuito alle armate alleate).

Quando i cannoni tacciono, quello che si presenta agli occhi dei testimoni è un campo di battaglia, di soli civili però. I feriti vengono soccorsi e portati urgentemente all’interno del palazzo arcivescovile, più precisamente nella chiesa di S.Giovanni. Il medico condotto del paese, Spiridione Stoppoloni, fascista, era scappato. Solo il farmacista Oscar Laos e il dentista Pellecchia si adoperano per salvare quante più vite possibili. Ma i mezzi sono pochi, le bende e i farmaci a disposizione sono insufficienti per la mole di feriti e l’ospedale è inagibile a causa del bombardamento. Alcuni uomini decidono quindi di scendere a valle, verso il Tevere, per chiedere aiuto agli Alleati che nel frattempo sono giunti nella “zona liberata” oltre il fiume.  Tornano poco dopo con un cingolato e un’ambulanza militare che porta i feriti più                                                                                    gravi a Roma. In seguito al cannoneggiamento tedesco muoiono 15 persone.

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