di ELEONORA FESTUCCIA

PASSO CORESE – Giordano Bonaventura, classe 1988, è cresciuto in via XXIV Maggio, dove il padre e lo zio hanno gestito per anni una storica attività di famiglia. Tutti lo conoscono in paese, ma forse in pochi sanno che fresco di laurea in economia e commercio, a soli 23 anni, ha preso armi e bagagli ed è partito, accettando una sfida lavorativa che lo ha portato a Tirana. Terminati gli studi voleva aprire un’agenzia per il lavoro, ma arriva la proposta di un parente: Giordano ha l’opportunità di occuparsi di un’azienda in Albania. Da quel momento – racconta il ragazzo – i miei orizzonti si sono spostati. Per circa tre anni ho fatto avanti e indietro, giravo anche l’Italia in cerca di clienti. Poi mi sono definitivamente trasferito. Così il coresino diventa manager di un’azienda che offre servizi alle imprese. Principalmente – spiega – offriamo servizi telefonici di helpdesk, ma anche pubblicitari, lavoriamo nel settore dell’innovazione e ci occupiamo di internazionalizzazione delle imprese.

Giordano conosce gli ostacoli che affrontano gli imprenditori nel nostro territorio: aveva avviato un’attività con un socio, proprio a Passo Corese. In particolare – spiega con rammarico – ciò che mi ha colpito è stata la scorrettezza degli organi di controllo e la lentezza della burocrazia. Purtroppo in Italia non avrei potuto realizzare tutto quello che sto facendo qui, per questo al momento non è mia intenzione tornare, anche se adoro il mio Paese non vedo possibilità.

A neanche 30 anni il nostro concittadino si occupa della gestione di un’azienda che lavora per multinazionali di indubbio livello come BMW, Mercedes e Coca-Cola. Quando ha iniziato, poco più che ventenne, è stato affiancato da altri soci, ma da subito si è distinto per idee e capacità. Oggi gestisce da solo il rapporto con partner di altissimo profilo. Ci teniamo ad un commento sul mondo del lavoro in Albania, in tanti si domandano come funzioni e se davvero le imprese che si spostano lì dall’Italia abbiano come unico obiettivo quello di chiudere gli stabilimenti nel nostro Paese. Ci sono miti da sfatare, i lavoratori qui sono tutelati negli orari di lavoro, anche più che in Italia. L’operatore del call-center non può lavorare più di sei ore ad esempio. Gli stipendi inoltre non sono affatto bassi se relazionati al costo della vita. La credenza popolare è che si venga qui a sfruttare i lavoratori, ma non è così.

Sulle aziende italiane che spostano le loro filiali all’estero, Giordano racconta che il suo suggerimento non è mai quello di chiudere in Italia per aprire in Albania, ma di creare una filiale estera che permetta all’impresa di essere competitiva per gli appalti più corposi. In questo senso – spiega – vanno rivisitate le polemiche sulla delocalizzazione: le produzioni italiane non devono essere chiuse e noi non invitiamo mai a questo. Bisogna continuare a lavorare in Italia e in più aggiungere produzioni estere. Alcune imprese che nel nostro paese erano in crisi sono riuscite a rialzarsi perché l’apertura di branch albanesi ha determinato la vincita di grandi appalti e, di riflesso, ha consentito agli imprenditori di non mandare a casa i dipendenti delle sedi italiane. Ad oggi in Albania risiedono circa 20.000 italiani. Il Paese è accogliente, diverso dalla rappresentazione stereotipata che in molti gli attribuiscono. Tirana è una città tranquilla e chiunque arrivi si stupisce della sua bellezza. Certo è che lui, per arrivarci, ha avuto l’intuizione ed il coraggio di chi non fatica ad ampliare i suoi orizzonti.

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