di SIMONE IPPOLITI
EL NIÑO – “Mama, por favor quiero escuchar una cancion…”. Così Luis, che aveva solamente 6 anni, chiedeva alla mamma di sbirciare con occhi e orecchie il suo papà, mentre si esibiva col suo gruppo in giro per il mondo. Quella sera però toccò proprio a lui a cantare, nel lontano 1960 a Johannesburg intonando le note de La Malagueña, in uno stile tutto suo, in pigiama e ciabatte, perchè da lì a poco sarebbe andato a dormire. “Quella fu la prima volta che mi presentai davanti a un pubblico – racconta in esclusiva a Qui News Luis Belmonte, più noto come Gary Low. “Papà è stato prima cantante del Trio de Santa Cruz e poi de Los Tres Paraguayos, gruppo molto famoso in quegli anni; la musica ha sempre fatto parte della mia vita. Eravamo continuamente in viaggio e casualmente sono nato a Roma, perchè in quel momento mio padre era in tournée in Italia. Ero molto piccolo quando i miei si separarono e mamma si occupò di me in tutto e per tutto, ma l’impronta musicale che mi aveva dato papà era già dentro di me”.

IN VIAGGIO CON PAPÀ – Solo questione di tempo. Luis con la sua chitarra ben stretta sotto il braccio, già a 12 anni si chiudeva in camera ad ascoltare dischi di una musica nuova, affascinante: Beatles, Led Zeppelin, Deep Purple e il primissimo 45 giri che fu All Along the watchtower di Jimi Hendrix. “In seguito – racconta – cominciai ad apprezzare vari generi come James Brown, il funky, rhythm and blues e la disco anni ‘70; mentre naturalmente mi divertivo a suonare in quelli che una volta erano detti complessi, insieme a qualche amico”. Ma la musica si sa, corre lungo binari mondiali, senza una logica, da continente a continente e per sette Luis insieme a suo padre va su e giù suonando in Arabia Saudita, Israele, Jugoslavia, Bulgaria, Cina, Stati Uniti fino al 1981 quando tornò in Italia per prendersi in mano il suo personale destino musicale.

GLI ANNI ‘80 – Dal famoso pigiama di Johannesburg, a giacca e cravatta per mostrarsi in pubblico. Elegante come l’attore Gary Cooper, ma un po’ meno di lui; Luis sta per essere accantonato, per dare spazio a Gary Low. Capito il gioco di parole? “Tutto questo nasce per una vera e propria miopia da parte dei produttori – confessa Luis – per questioni di immagine e per dare un nome in inglese, si inventavano queste cose qui. Ad esempio Gazebo (noto soprattutto per I like Chopin) ma che significa? (ride ndr). Anche lo stesso Den Arrow, nasce da denaro, solo che con una pronuncia diversa”. Appellativi a parte, i primi anni ‘80 sono la svolta per Luis. “In quel periodo fui chiamato per diverse collaborazioni, frequentavo i locali di Roma, specialmente a Trastevere dove conobbi Pierluigi Giombini; fu lui a chiedermi di cantare You are a danger, un pezzo che aveva scritto. «Hai la voce da nero! Mi piace come la canti» mi disse soddisfatto. “Ricordo che registrammo la canzone ad aprile, ma il grande successo ci fu in estate, mentre ero in tournée in Sicilia con Mal e la cosa bella e che non sapevo nulla! Non ero ancora stato informato che il disco stava scalando le classifiche. Da lì il mio primo successo, con le varie ospitate in trasmissioni televisive come Superclassifica Show. E poi «Sole, whisky e sei in pole position» come recita la famosa battuta di Guido Nicheli in Vacanze di Natale, perchè due anni dopo I Want You, altro grande successo, scala le classifica e entra di diritto nella colonna sonora del primo cinepanettone del 1983 con Christian De Sica e Jerry Calà. “Il disco piaceva, era qualcosa di diverso, di innovativo. Fu un successo enorme, inaspettato, basti pensare che la mia foto in copertina sull’album, è stata messa dopo che già erano state vendute 250.000 copie. Poi l’anno successivo – svela Luis – proposi un rifacimento de La Colegiala, canzone che avevo sentito già negli anni ‘70. I miei produttori all’inizio sgranarono gli occhi perchè voleva dire cantare in spagnolo per uno che ormai si chiama Gary Low?! Alla fine si convisero e ebbi ragione; vendemmo 8 milioni di copie”.

SABINO DOC – Per uno che ha girato il mondo e che ora vive in Sabina dal 1995, il passaporto che bandiera porta? “Beh, io sono cittadino del mondo, sono spagnolo, italiano e soprattutto sabino nel cuore. A metà degli anni ‘90, per motivi di salute e per il bisogno di serenità, con tutta la famiglia ci siamo trasferiti in un posto più tranquillo. Sentivo la necessità di stare a contatto con la terra, con la natura e condividere i miei spazi con persone più alla mano. Qui si vive bene”. Una nuova realtà che porta Luis ad aprire nel 2008 anche una palestra a Fiano Romano: “In ambito locale inizialmente chi arriva è sempre visto con un po’ di diffidenza, poi hanno imparato a conoscermi”. E perché non coinvolgere le comunità portando tra le vie dei paesi un po’ del sound degli anni ‘80? “Sarebbe bello, in passato ho anche avanzato qualche proposta, ma non sembra interessare. “Purtroppo – precisa Luis – si ha la sensazione che non si possa varcare il confine. Nella musica ad esempio si può spaziare e non rimanere ancorati a dei generi standard prettamente locali. Bisogna ampliare le proprie vedute, rompendo anche alcuni equilibri che a volte ne limitano lo sviluppo. Qui ho ottimi rapporti con tutti, conosco il Sindaco Ferilli. Se me lo chiedessero, parteciperei volentieri all’organizzazione di eventi. Potrei portare altri simboli degli anni ‘80 come Sabrina Salerno, Gazebo, Sandy Marton, Den Arrow. Magari si potesse fare qualcosa. Ultimamente – racconta Luis – ho registrato anche un arrangiamento de La Colegiala, come regalo per tutti i fan che mi seguono da 30 anni. Get up poi è la mia ultima. E’ vero, sono laureato in legge e sono istruttore di body bulding, ma la musica è sempre al centro della mia vita. Per me è un punto vitale…”.

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