di ELEONORA FESTUCCIA / FARA SABINA – Giulia è il nome di fantasia di una mamma vera e determinata, che da sei mesi macina circa 200 chilometri al giorno tra Passo Corese e Roma. Va e torna, riparte e di nuovo si rimette alla guida. Questa è la sua routine, perché ha deciso di dare a suo figlio l’opportunità di crescere in un ambiente adatto alle sue esigenze e lo ha iscritto all’Istituto specializzato per ragazzi sordi A. Magarotto, che si trova a Roma, in zona Boccea. Finalmente un posto nel quale il suo ragazzo sta facendo progressi mai visti prima.
Luca (lo chiameremo così) è l’unico maschio di uno splendido trio di gemelli. Aveva solo tre giorni di vita quando a causa di un forte ittero e di una serie di complicanze ha subìto un danno alla corteccia celebrale che lo ha reso invalido, con una serie di problemi motori e del linguaggio. Luca ha sempre vissuto a Passo Corese dove, fino al giugno dello scorso anno, ha frequentato anche la scuola, assistito da una serie di insegnanti di sostegno.
“Alle elementari è stato seguitissimo – racconta la mamma a Qui News – le insegnanti erano in gamba, quasi tutte quelle che si sono alternate conoscevano il LIS e riuscivano a comunicare con lui, ma per le medie non potevamo avere garanzie, neanche di un docente che conoscesse il linguaggio dei segni”.
Continuare gli studi a Passo Corese sarebbe stato certamente più semplice da un punto di vista logistico; ma Giulia, dopo essersi interrogata a lungo, ha scelto per il bene di suo figlio la strada più difficile: sveglie all’alba, viaggi con gli occhi abbottonati, caselli e benzina da pagare, ma anche i progressi di Luca che finalmente oggi guarda il mondo con occhi diversi, circondato da persone che lo capiscono e che lui stesso capisce totalmente. La possibilità di comunicare a 360 gradi sta cambiando la vita di questo ragazzo che ogni giorno fa un passetto in più verso una futura autonomia. Ma l’incertezza del domani non manca.

Giulia, per far fronte a tutto, ha preso un anno di aspettativa, ma a settembre dovrà tornare a lavoro e allora sarà sempre più complicato gestire il trasporto di Luca. La determinazione di questa mamma non si ferma davanti a nulla, ma si prepara alle sfide da affrontare, con la consapevolezza e la forza di chi vuole affermare i diritti del proprio bambino. Luca deve poter studiare in un ambiente che risponda alle sue esigenze e che garantisca il pieno sviluppo delle sue potenzialità. Per questo mamma Giulia si è rivolta all’Amministrazione di Fara Sabina.
“Ho chiamato gli uffici del Municipio di Roma che si occupano del trasporto al Magarotti per gli studenti residenti sul territorio di Roma Capitale, ma da quanto risulta la competenza spetta al Comune di residenza che dovrebbe far fronte ai costi grazie ai fondi per il diritto allo studio messi a disposizione dalla Regione e quindi – spiega Giulia – mi sono rivolta all’Amministrazione locale e al Garante dell’infanzia e dell’adolescenza della Regione Lazio”.
È così che dallo scorso ottobre è iniziata la sua trafila; con la speranza di trovare una soluzione, ma per ora con la sola prospettiva di un rimborso per le spese di trasporto sostenute da settembre a gennaio. E per il futuro? Le risposte sembrano non arrivare e le domande, nel solito gioco del rimpallo, rimbalzano da una parte all’altra. La competenza spetterebbe effettivamente all’Ente locale secondo il Garante dell’infanzia, ma – scrivono dagli uffici comunali – “il contributo storicamente erogato al Comune di Fara in Sabina a titolo di diritto allo studio è notevolmente inferiore alle spese sostenute dall’Ente”.
In altre parole i fondi regionali che arrivano nelle casse comunali non sarebbero sufficienti per garantire a Luca quello che gli spetta diritto. Peccato che il Comune di Fara Sabina abbia impiegato tre mesi per dare questa semplice risposta al Garante della Regione e che ad oggi, Giulia sia ancora in attesa di una soluzione. Sembra una barzelletta, ma c’è poco da ridere. Si gioca sulla pelle di una mamma e di un ragazzo che faticano ogni giorno per guadagnare piccoli spicchi di autonomia.
Ogni genitore vorrebbe il massimo per il proprio figlio: il vestito più elegante, il gioco più bello, la scuola all’avanguardia. Questa volta si tratta di dare ad un bambino semplicemente la possibilità di vivere un ambiente che gli permetta di comunicare con i propri compagni ed insegnanti.
Un piccolo esercizio di empatia basterebbe per evitare risposte tanto banali quanto glaciali: “Dovremmo spendere tutti questi soldi per un solo bambino?” – perché anche questo abbiamo dovuto ascoltare. La risposta apre una nuova domanda: “e se quel SOLO bambino fosse tuo figlio. La penseresti così?”.

Ecco la pagina di QUI NEWS nell’uscita del 22 febbraio 2018

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