di SIMONE IPPOLITI / FARA SABINA – Da Copenaghen, a Firenze, fino ad arrivare a Roma. È stato questo il viaggio del Calesse, noto più come Carro Sabino, nell’ultimo anno. Esposto per circa un trentennio nel museo Ny Carlsberg Glyptotek, dopo essere stato esportato illegalmente dalla sabina negli anni ’70 è tornato in Italia nel luglio del 2016, grazie al lavoro di recupero del Comando dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale e all’accordo tra il MIBACT e lo stesso museo danese. Il carro infatti ha rivisto la luce di “casa” agli Uffizi di Firenze tra il dicembre 2016 e il febbraio 2017. Poi il buio più totale. Come avevamo riportato esattamente un anno fa nel nostro numero di aprile, il Carro di Eretum è rimasto fermo ai box nel deposito di Roma del Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale praticamente per undici mesi, fino al gennaio 2018 per poi affacciarsi nella Capitale in occasione della mostra “Testimoni di Civiltà” (appena conclusa) a Montecitorio.

E ora quale è il destino dell’opera? “Il calesse al momento si trova al laboratorio di restauro delle Terme di Diocleziano – ci racconta in esclusiva la Dott.ssa Alfonsina Russo, Direttrice del Parco Archeologico del Colosseo -. Stiamo portando avanti un progetto di assemblaggio del corredo perché nel museo di Fara Sabina, abbiamo trovato delle parti che compongono l’opera. In più – svela – nella stessa tomba dove fu reperito il calesse, c’era anche il cosiddetto currus, cioè un carro da guerra e nella mostra che verrà allestita nella primavera del 2019 proprio alle Terme di Diocleziano, verranno esposti per la prima volta insieme”.
Un lavoro accurato per valorizzare un’opera che per troppo tempo è stata lontana dall’Italia e che a livello culturale porta con sé un grande valore. Una memoria storica, che come sottolinea la Dott.ssa Russo non va persa: “Il carro da solo può raccontare una storia parziale e invece ricostruendo l’intero contesto con altri elementi a disposizione, si ha la possibilità di capire meglio chi erano questi uomini ai quali venivano costruite tombe così importanti. Per la mostra – aggiunge la Dott.ssa Russo – collaboreranno anche studiosi del museo di Copenaghen e in più, si ha l’intenzione di chiedere “prestiti” da altri musei per documentare iconograficamente il calesse: decorazioni architettoniche, vasi a figure nere e rosse, un’anfora dal museo di Monaco…”.

Un’opera importante che traccia anche un legame storico, come racconta la Dott.ssa Daniela Porro, Direttrice del Museo Nazionale Romano e curatrice anche dell’ultima mostra a Montecitorio: “Il principe di Eretum fu seppellito circondato da suppellettili a sottolineare il ruolo regale della sua figura e in più l’opera testimonia l’importanza dei carri sabini quando vennero in contatto con la Roma in epoca regia”.
Appuntamento quindi alla primavera del 2019, in attesa di capire se mai questo benedetto carro, dopo aver girato in lungo e in largo, interromperà definitivamente la sua corsa, rimboccando la strada di casa.

Ecco la pagina di QUI NEWS nell’uscita del 15 marzo 2018

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