di SIMONE IPPOLITI/MONTOPOLI S. – Scorrendo le foto sul suo profilo Facebook, c’è ne è una in particolare. Impossibile non cliccarla: è in quell’abbraccio con il papà Roberto (olimpionico a Los Angeles 1984), che Pierpaolo avvolge tutte le emozioni che lo sport gli sa regalare. Il ragazzo cresciuto in Sabina si racconta a Qui News, scandendo le sue parole al ritmo di quei 5 cerchi olimpici che l’hanno visto protagonista lo scorso anno a Rio: “È stata un’emozione fortissima. Un po’ la testa “girava”… Difficile rimanere con i piedi per terra quando vieni trattato come una star. La gente mi fermava, per fare foto e autografi. Ricordo l’impatto di vivere nel villaggio olimpico e di incrociare lo sguardo con grandi campioni come Bolt e Farah”.
Quel Brasile era nella testa di Pierpaolo già da diverso tempo, specialmente dopo aver sfiorato Pechino 2008 per via di un infortunio e Londra 2012 per una bruciante esclusione: “Ero in possesso della carta olimpica nominale, quindi concretamente sarei dovuto partire per i Giochi Olimpici, ma venni scartato dal Commissario Tecnico del momento. Non me lo disse nemmeno in faccia, ma me lo comunicò tramite una lettera”.

Un vero e proprio shock che porta comunque Pierpaolo a proseguire il suo percorso di crescita all’interno di quel Corpo dei Carabinieri del quale ormai fa parte dal 2005: “Ringrazio l’Arma perché ha saputo concedermi una possibilità nello sport ma anche nella vita. Senza le istituzioni militari sarebbe praticamente impossibile in Italia. Tutti gli atleti di livello fanno parte di queste strutture”. Ora il dito scorre nuovamente veloce lungo i giorni del calendario e non è un paradosso geografico pensare che Tokyo è dietro l’angolo: “Mancano meno di 1000 giorni alle prossime Olimpiadi – sentenzia con tono sicuro Pierpaolo – il vero sacrificio non è tanto quando si è “lì”, ma è quello che si è fatto prima per raggiungere tali livelli. Quello che conta veramente, si sa, è riuscire a mettersi una medaglia olimpica al collo. Mi sento più maturo, anche grazie ai giorni di Rio. L’Olimpiade è qualcosa di magico, di speciale, ti apre gli occhi e ti fa capire quali veramente siano le cose importanti a cui credere e quello che invece non devi considerare. Nel pentathlon moderno – continua – conta molto la capacità di essere tranquilli e concentrati. In questo ammiro il tennista Federer; può crollare il mondo attorno, lui non si scompone”.
Un mondo, quello dello sport, fatto di sacrificio e passione: “Ho iniziato a Poggio Mirteto verso i 12-13 anni a fare triathlon, più precisamente con nuoto, corsa e ciclismo. Poi, con il passare del tempo, è cresciuta la voglia di confrontarmi con altre situazioni e ho scoperto il pentathlon. Il mio punto di forza? Senza dubbio la scherma, mentre tra le cinque discipline quella che meno mi piace è il nuoto… ma anche lì non riesco male!” (ride ndr)
La voce di Pierpaolo si spezza un po’ dall’emozione ricordando alcuni istanti della sua carriera, in particolare il mondiale junior, poco dopo la delusione per il treno perso per Pechino, il terzo posto in Coppa del Mondo a Roma nel 2014 e il successo a squadre nel 2012 sempre nella Capitale. “Vincere davanti alle persone che ti vogliono bene e a tanti bambini che da grandi vogliono diventare atleti, rende tutto più bello”. Ma tra un podio e l’altro, c’è anche il tempo di brindare. Pierpaolo infatti sveste a volte i panni dell’atleta e indossa quelli da sommelier e a precisa domanda risponde: “Se fossi un vino? Beh… a me piace molto il Barbera d’Asti superiore, un vino tranquillo ma corposo, di gusto pieno e soprattutto adatto all’invecchiamento!”. Chissà se dopo Tokyo ci sarà spazio per qualche cin cin speciale…

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