È di grande attualità in questi giorni il dibattito sullo ius soli, principio al centro del disegno di legge di riforma della cittadinanza in discussione al Senato. Ma cosa si intende con tale espressione? Si parla di ius soli quando è prevista l’attribuzione della cittadinanza ad un soggetto per il solo fatto di essere nato sul territorio dello Stato. Questa opzione è tipica dei paesi del continente americano, sia di tradizione anglosassone (USA, Canada) che latina (Brasile, Argentina), ma anche di alcuni paesi europei (Francia, Regno Unito) che però ne applicano una versione modificata che richiede alcuni requisiti aggiuntivi.

Contrapposto al sistema dello ius soli è quello dello ius sanguinis, che riconosce la cittadinanza ai figli di chi è già cittadino dello Stato. Si tratta del sistema attualmente in vigore nel nostro Paese che, per l’appunto, riconosce la cittadinanza italiana ai figli dei cittadini italiani, ovunque essi nascano. Peraltro, la cittadinanza italiana può essere attualmente acquisita, oltre che automaticamente per nascita, anche per matrimonio ovvero per naturalizzazione, ove ne ricorrano i requisiti di tempo e condotta.

Tale sistema potrebbe essere sostituito, all’approvazione della legge in discussione, con quello dello ius soli, ma temperato: il disegno di legge prevede, infatti, l’attribuzione della cittadinanza ai bambini nati in Italia da genitori stranieri di cui almeno uno residente legalmente sul territorio dello Stato da almeno 5 anni ed in possesso del permesso di soggiorno di lungo periodo. E’ previsto, inoltre, il riconoscimento della cittadinanza anche ai minori nati in Italia, o giunti prima del 12° anno d’età, che abbiano frequentato per almeno 5 anni un ciclo di istruzione o formazione professionale. Ciò in applicazione di un principio definito ius culturae che tende, appunto, a collegare il riconoscimento della cittadinanza allo sviluppo del minore in un contesto culturalmente italiano.

 Il disegno di legge in commento è ancora nel corso dell’iter parlamentare, e potrà essere modificato, anche pesantemente, prima dell’approvazione. Pertanto, il superamento del principio dello ius sanguinis è ancora tutt’altro che scontato.

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