di SIMONE IPPOLITI

“Stavolta vinciamo, me lo sento Papà! – Dici? Fammi un po’ vedere…ma non scherzare! Ma almeno metti una doppia! –  Una doppia?! Ma costa 1000 £ in più… – Fidati, metti X2, la squadra è in crisi, manca pure Baggio…stavolta non vincono”. E puntualmente però usciva il segno 1. Non è un articolo delirante, ma semplicemente un dialogo tra padre e figlio verso l’ora di pranzo, mentre la lasagna cuoce in forno e la schedina è un vero e proprio totem.

“Il Totocalcio? Cioè?” Sarebbe oggi questa, senza ombra di dubbio, la risposta di un ragazzo di 15 anni riguardo a una delle tradizioni che ha accompagnato gli italiani tra gli anni ’70 e i ’90. Ma del resto, come giusto che sia (a volte), le cose cambiano. L’evoluzione è ben accetta se il prodotto finale però non viene completamente stravolto: purtroppo però è quello che è successo al mondo del calcio.

La proposta della Lega prevede di spezzettare la singola giornata di campionato in un totale di 10 fasce orarie: il venerdì sera con “l’anticipo dell’anticipo” delle 20:45; il sabato con il lunch match alle 12:30; “orario Baglioni” sabato pomeriggio alle 15;  quella alle 18; poi un poker domenicale alle 12:30, 15, 18 e 20:45; infine il “posticipo del posticipo” del lunedì sera. In sostanza, una qualsiasi giornata di Serie A si chiuderebbe nell’arco di 72 ore, dando così all’utente la possibilità di godersi (?!) 950 minuti effettivi di calcio (recupero compreso), non perdendosi, è proprio il caso di dirlo, nemmeno un secondo di Serie A, sfiorando le 16 ore di visione: Un Via col Vento calcistico.

Una vera e propria rivoluzione dettata soprattutto da due fattori. Uno riguarda gli introiti: per le società calcistiche infatti, la principale fonte di guadagno è quella legata ai diritti televisivi. Si cerca in ogni caso di ottimizzare e far fruttare al massimo ogni singolo evento calcistico. L’obiettivo è quello di superare la quota attuale del miliardo di euro nell’ultimo triennio, cifra in media con i principali campionati europei e, se possibile, incrementare sui diritti esteri che nel solo anno del 2014 sono valsi 186 milioni di euro, ma niente a che vedere con i 900 milioni della Premier League. L’idea infatti è quella di ispirarsi, in tutto e per tutto, al modello inglese, con l’aggiunta anche del Boxing Day (match del 26 dicembre ndr), oppure il primo dell’anno, spostando a gennaio la pausa invernale.

Il secondo fattore, ma questa ormai non è più una novità, riguarda gli investitori stranieri. Del resto, è inutile negarlo, il futuro del calcio non è in Italia. Americani, russi, arabi e soprattutto i cinesi hanno fame di pallone e noi li saziamo con lo spezzatino. Il big match previsto all’ora di pranzo (un’eresia pensando al passato quando fu inserito ad hoc il posticipo seral) non è casuale. Il derby orientale tra Inter e Milan infatti, si è giocato il sabato prima di Pasqua, alle 12:30, orario che ha permesso ai meneghini cinesi, di godersi in poltrona la partita all’ora di cena.

Ci sarà ancora tempo per definire del tutto le linee guida del triennio 2018-2021 per quanto riguarda i diritti televisivi tra Sky e Mediaset; in più si sono fatte sotto anche le compagnie telefoniche come Tim e Vodafone che potrebbero offrire delle piattaforme web per seguire gli eventi. La globalizzazione calcistica, è evidente, triturerà in tanti pezzettini il pallone con il pericolo di innescare, udite udite, un senso di rifiuto per quelli, che da 100 anni, fanno i salti mortali tra famiglia, lavoro, soldi e salute per vedersi una maledetta partita, ogni maledetta domenica. Sì, avete capito bene: una sola.

 

 

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