di SIMONE IPPOLITI / FARA SABINA – “Insieme facciamo la storia”. È questo il motto impresso su una lavagna che accoglie ogni giorno i lavoratori al centro Amazon di Passo Corese, ormai attivo da cinque mesi. Peccato che al momento questa storia abbia assunto più i tratti di un romanzo, non molto divertente però, soprattutto per chi ha a che fare con una precarietà da definirsi quotidiana.
“Se vai bene il contratto ti verrà rinnovato – racconta a Qui News un lavoratore (che chiameremo Francesco) – è questo quello che ci avevano detto, ma non è sempre così. Inizialmente, dopo aver fatto il colloquio, ho firmato un contratto di sole tre settimane. Un periodo di prova – a detta loro – per capire se si è validi o meno. Da quel momento però sono arrivati rinnovi su rinnovi, tutti di quella durata”.
Una proroga dietro l’altra comunicata puntualmente nell’ultimo giorno di scadenza del contratto: “Se ti squilla il telefono non è un buon segno! Significa che al momento non sei stato richiamato. Solitamente infatti – precisa Francesco – la proroga avviene tramite email. Può capitare che inviino la comunicazione alle 12, dicendo di firmare il contratto prima di pranzo. Tutto di corsa. In sostanza, si convive contemporaneamente con la speranza e l’ansia di essere riconfermati”.
E la speranza era proprio il sentimento di chi vedeva in Amazon una sorta di salvezza; il colosso americano avrebbe dato lavoro e stabilità a migliaia di disoccupati (soprattutto locali) spazzando via in parte le polemiche date dal suo insediamento, ripagate da indotti economici e opportunità senza precedenti.

Interno polo Amazon – Foto Qui News

Ma nell’era della precarietà, pare che Amazon ci sguazzi un pochino: l’azienda nata a Seattle in Italia ha trovato l’America… “Il lavoro è pesante – precisa Francesco – ma personalmente lo reggo bene. Mi è capitato a volte di vedere qualcuno in difficoltà, che arrivava in azienda con qualche dolore. Non penso che un mestiere del genere (in magazzino ndr) se si hanno più di 40 anni, si possa fare a lungo termine. I ritmi sono serrati e la produttività va rispettata. All’impacchettamento serve la giusta concentrazione: 60-70 pacchi all’ora è un risultato soddisfacente. Loro conoscono i tuoi ‘numeri’ e durante il picco stagionale il motto era <<spingi al massimo>>.
Picco –  Eccola la parolina magica che molti dei dipendenti Amazon si sono sentiti dire per telefono: “Il tuo contratto non è stato rinnovato. Il motivo? È finito il picco. In quel momento molti di noi hanno scoperto che i contratti brevi non erano per prova, ma per coprire i periodi di forte produzione. <<Non vi offendete se non vi rinnovano il contratto, questo è un lavoro stagionale>>.
E se Passo Corese piange, Piacenza non ride. Come noto, nel giorno del Black Friday (24 novembre 2017), i lavoratori del centro Amazon di Castel San Giovanni (aperto nel 2014) hanno incrociato le braccia in segno di protesta. Contestualmente, però al centro di Fara Sabina si mostrava un’isola felice: “Venne realizzato un servizio giornalistico (di Sky Tg24 ndr) in cui le persone intervistate si dicevano soddisfatte della situazione a Passo Corese. Innanzitutto – precisa Francesco – bisognerebbe capire che mansioni avevano queste persone e poi, se avessero fatto le stesse interviste dopo il periodo intenso di dicembre? Non so se le risposte sarebbero state le stesse. Abbiamo lavorato anche per dieci giorni di fila, poi sei giorni alla settimana. La speranza – confessa Francesco – è sempre quella di essere assunti, per questo motivo si tende a dare il massimo. Ma che senso ha se poi mi lasci a casa nonostante risultati soddisfacenti? Purtroppo il lavoro in Italia non c’è e bisogna sottostare anche a questa politica dei rinnovi. So che a Piacenza – aggiunge – molti lavoratori hanno questa tipologia di contratti (rinnovi continui della durata di 20-30 giorni) da circa tre anni. Come si fa a progettare un futuro?”
Una gestione dei lavoratori che lascia più di un punto interrogativo. Ondate di nuove assunzioni, contratti brevissimi, mancati rinnovi: un vero e proprio flusso di personale a completa disposizione dell’azienda, con una rosa larghissima a disposizione, tra titolari e una miriade di panchinari pronti a subentrare. Ma chi decide le sorti di ognuno? “Lo vorremmo sapere un po’ tutti. I manager rispondono che non sanno mai nulla e alcuni non sono in grado di ricoprire un ruolo del genere. Spaccarsi la schiena per cosa? Premi produttivi? Personalmente mai visto nulla del genere. Ho notato invece particolari ‘simpatie’ tra manager e alcuni lavoratori e da lì capisci che loro verranno rinnovati. Non capiamo anche – precisa Francesco – il perché le agenzie interinali continuino a fare colloqui per posizioni in magazzino! Così ci sentiamo presi in giro. Mi sento un numero. Non pensavo di essere trattato in questo modo”.

La scritta all’interno – “Insieme facciamo la storia” (foto Qui News)

 

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